Editoriale storico scritto da Valerio Macagnone, segretario ESC (2020-2021)
Il 12 Gennaio 1848, Palermo dava avvio alla Primavera dei popoli e ai moti di ribellione contro gli assolutismi dell’epoca, introducendo nella storia i semi della democrazia fondata sulla sovranità popolare e il costituzionalismo fondato sulla centralità del Parlamento. In occasione di questa ricorrenza, vogliamo ricordare uno dei personaggi più emblematici del ’48 siciliano: Ruggero Settimo.
“Siciliani, voi siete grandi! Voi avete, in pochi giorni, fatto molto di più per l’Italia, nostra patria comune, che non tutti noi con due anni di agitazione, di concitamento generoso nel fine, ma incerto e diplomatizzante nei modi.”
Fu con queste parole che Giuseppe Mazzini, in un proclama da Londra, elogiò la rivoluzione siciliana del 1848. Tra i protagonisti dei moti che portarono all’indipendenza dal Regno borbonico e all’ondata della Primavera dei popoli occupa un posto di primo rilievo l’ammiraglio Ruggero Settimo. Dopo la carriera nella marina borbonica durante la quale combatté a fianco degli inglesi ottenendo importanti vittorie contro la flotta napoleonica fino alla conquista di Malta, il palermitano Ruggero Settimo diverrà uno degli esponenti di spicco delle rivoluzioni liberali contro l’assolutismo dei borbone: prima nel 1820-21, quando fu componente del governo provvisorio che dichiarò l’indipendenza da Napoli, poi nel 1848 quando, dopo la vittoria conseguita dall’insurrezione popolare, guidata da Rosolino Pilo e Giuseppe La Masa, fu posto a capo del governo del Regno di Sicilia. Il nuovo regno aveva come bandiera il tricolore italiano con la trinacria (simbolo di libertà dall’epoca pre-romana) nella banda bianca, e si poneva come obiettivo l’unione confederale degli Stati Italiani. È infatti Ruggero Settimo a dichiarare in un proclama: “[…] questa Sicilia che tende all’Italia ansiosamente le braccia, che fa parte dell’Italiana famiglia, e combatterà per essa, e con essa, conservando quella dignità con la quale i popoli si uniscono in federazione fra loro, serbando illesa la propria essenza, le proprie istituzioni.” Il 25 marzo 1848, con l’atto di inaugurazione del Parlamento, venne proclamata l’indipendenza e in seguito Ruggero Settimo venne nominato all’unanimità Presidente del Consiglio dall’Assemblea. Il 10 Luglio fu nominato Tenente Generale dell’esercito Nazionale Siciliano e il Parlamento siciliano promulgò un nuovo Statuto che introdusse principi democratici e liberali consacrando il principio della sovranità popolare all’articolo 3 (“La sovranità risiede nella universalità dei cittadini siciliani”). Una Costituzione, pertanto, che introduceva un modello ultrademocratico per l’epoca, che presentava contenuti più liberali dello stesso Statuto Albertino e tendente all’estensione del suffragio. Dopo i sedici mesi di governo rivoluzionario e la restaurazione borbonica, Ruggero Settimo riparò a Malta da dove rientrerà nell’Ottobre del 1860 dopo aver ricevuto un invito da Giuseppe Garibaldi: «[…] una voce malinconica s’innalza dalle moltitudini: “Non compare Ruggero Settimo!” il padre del popolo siciliano, il veterano dell’indipendenza patria […] Oh, venite uomo della Sicilia a completare il giubilo del vostro popolo». Dopo il rientro in patria e l’annessione al Regno d’Italia Ruggero Settimo fu nominato senatore e in seguito Presidente del Senato, carica che continuò a ricoprire fino alla morte avvenuta il 2 Maggio 1863.
“Quali sono i nomi più solenni fra i nostri guerrieri? Lo saprà la Sicilia, lo saprà il mondo intero fra poco; per ora si consenta da ognuno il silenzio, la parola non potrebbe essere adeguata al merito, d’altronde tutti combattono non per la gloria soltanto, ma per un senso più nobile e dignitoso, per l’amore della patria, che sa ricompensare il sangue sparso, il sudore, le lacrime, rivolgendo il suo tacito e riconoscente linguaggio alla coscienza de’ prodi.”
[Ruggero Settimo, 26 Gennaio 1848]