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Negazionismo economico

Articolo scritto da Pietro Salemi, Vice Presidente di ESC

Negazionismo economico. Il 2021 inizia con due notizie: una bella e una brutta. Cominciando da quella buona, la narrazione neoliberista è culturalmente in crisi, il mito del deficit si sta sgretolando e l’intervento dello Stato nell’economia non è più un tabù. La brutta notizia è che l’appartenenza all’Unione Europea ci costringe ad un negazionismo economico, non meno pericoloso di quello sanitario.
Ora, persino l’OCSE riesce a mostrare quanto i trattati dell’Unione Europea siano insensati e inadeguati alle grandi sfide del presente.
Laurence Boone, capo economista dell’OCSE, nella sua ultima intervista al Financial Times, suggerisce che in futuro non sarà più giustificabile politicamente il concetto di scarsità di moneta: “le banche centrali e i governi di tutti i paesi avanzati hanno messo in campo livelli senza precedenti di stimoli economici con l’obiettivo di alleggerire il pesante impatto economico che il Covid-19 ha sull’economia. […] Dopo la crisi le persone chiederanno da dove sono arrivati tutti questi soldi, i governi faranno fatica a rispondere a questa domanda e a giustificare un loro disimpegno economico su le tante altre crisi che affliggono la nostra società come ad esempio, i cambiamenti climatici e i costi sociali per le fasce lasciate indietro dalla crisi del covid-19. […] Il problema nel 2008/2009 non è stato il poco stimolo iniziale ma l’aver fatto politiche di austerità nei successivi anni post crisi”.

Il Governo italiano, invece, nella Nota di Aggiornamento del Documento di Economia e Finanza -presentata pubblicamente dal Premier Giuseppe Conte, dal Ministro Gualtieri e deliberata dal Consiglio dei Ministri il 5 Ottobre, scrive: “Nel biennio successivo l’intonazione espansiva della politica di bilancio si attenuerà gradualmente fino a raggiungere un avanzo primario di 0,1 punti percentuali e un indebitamento netto in rapporto al PIL del tre per cento. Nel 2022 verrà quindi recuperato il livello del PIL registrato nell’anno precedente la pandemia. Nell’arco del prossimo triennio il rapporto debito pubblico/PIL sarà collocato su un sentiero significativamente e credibilmente discendente.”

Ciò significa che nell’arco del prossimo triennio torneremo a far registrare forti avanzi primari. detto più chiaramente lo stato tasserà più di quello che restituisce in servizi e trasferimenti ai cittadini, come ormai avviene ogni anno degli ultimi 30, salvo il 2020 della pandemia globale.
Cosa vuol dire? Nell’arco del prossimo triennio, il moltiplicarsi di povertà, disoccupazione, criminalità, chiusura di moltissime piccole e imprese, decadimento dei servizi pubblici essenziali. Al sud sarà il solito bivio: briganti o emigranti.

Perchè il Governo lascia accadere ciò?
E’ la gabbia austeritaria dell’Unione Europea, proprio così come disegnata dai trattati: parametri di Maastricht, pareggio di bilancio, MES ecc. Tutto ciò è, ovviamente, accompagnato dall’acquiescenza di una classe politica servile agli interessi transfrontalieri della finanza e ostile al lavoro e ai diritti sociali fondamentali.
La pandemia ha cambiato molte cose, ma i trattati restano (beffardamente) gli stessi di sempre, nonostante il panorama politico sia da anni affollato da sedicenti “altreuropeisti”.

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Se il Governo cerca soldi, non ha che da guardarsi allo specchio

Articolo scritto da Giuseppe Matranga, socio fondatore ESC e Coordinatore gruppo di lavoro Economia

Ci sono oltre 60 mld di “soldi freschi” e il governo non li usa.

Meno 10% ė la perdita di PIL italiano nel solo 2020, chiunque millanti un rimbalzo nel prossimo anno è un illuso o un mentitore, il rapporto debito pubblico su PIL cresce a circa il 160%, ovvero quasi 30 punti percentuali in un solo anno. Niente di buono tra queste prime poche righe.

Tra fine marzo e aprile c’erano già alcuni sognatori come me (si fa per dire), che auspicavano a gran voce una forte esposizione dello Stato affinché intervenisse prontamente con una immissione positiva di denaro pubblico, in modo da sostenere la perdita di investimenti e consumi tramite la spesa pubblica, imploravamo una grande emissione di titoli sostenendo peraltro che il sopracitato rapporto debito/pil sarebbe cresciuto in egual misura sia per effetto della diminuzione del denominatore della frazione , sia per effetto di crescita del numeratore.

In grave ritardo, dopo mesi, a poco a poco, il governo è intervenuto attraverso i vari “scostamenti”, ovvero l’autorizzazione ad aumenti di deficit via via più consistenti, grazie anche alla sospensione momentanea di tutti i parametri imposti da Maastricht,  dal Fiscal compact e da un cambio drastico sulla linea di governance della BCE, che tanto graziosamente, dopo anni di austerità anti-inflazione (in realtà veniamo da anni di deflazione ) ha iniziato a fare il normale lavoro di una banca centrale.

Mentre il confronto politico tra forze di governo e di opposizione si concentrava tra banchi a rotelle, monopattino e altre idiozie, molti dei sognatori come me però, nel corso di questi ultimi mesi, si arrovellavano su una questione tanto accademica quanto pratica, i conti aggregati non ci quadravano, e i nostri convincimenti basati su solide conoscenze letterarie – ci riferiamo a letteratura strettamente economica – non era chiaro come mai all’interno di una somma elementare, quella del calcolo aggregato del PIL non si verificasse la “proprietà dissociativa”, sostituendo con la spesa pubblica il valore perso dai consumi e investimenti il saldo restava comunque negativo.

Ci sono voluti alcuni mesi affinché ci fosse risposta al nostro quesito e la risposta e tutta qui:

I soldi c’erano ma non sono stati spesi e immessi nel mercato

Viene fuori che dei circa 110 miliardi di euro raccolti tramite l’emissione di nuovi titoli, più della metà sono ancora ben saldamente fermi all’interno del conto cassa del Tesoro.

Come se non bastasse,  la presa in giro aumenta quando sai che fino a cinque giorni fa il parlamento ha votato quasi all’unanimità un ulteriore scostamento di 8 miliardi, e contestualmente invece viene pubblicata una nota del Ministero Economia e Finanze in cui si comunica che “in considerazione dell’ampia disponibilità di cassa e delle ridotte esigenze di finanziamento … alcune aste di titoli fissate per il mese di Dicembre sono sospese, in particolare quelle dei BTP a 10 anni, invece si terranno quelle di titoli con scadenza a più breve termine come 3-7 anni e BOT”.

*In allegato il comunicato del Ministero Economia e Finanze

Che dire, sembra quasi che con la mano destra il governo abbia proteso la mano all’elemosina della BCE e dei mercati, e con l’altra abbia ben nascosto queste enormi somme per non spenderle in favore della propria economia e dei cittadini, tutto ciò per ben sette mesi, ora con la cintola sciolta per far spazio a una pancia ben piena ritira persino la mano che elemosinava, dichiarando di avere le tasche piene.

Più volte ci siamo chiesti se i continui errori in campo economico posti in essere da questo governo fossero frutto di ignoranza e incapacità o se invece fossero frutto di dolo e di una espressa volontà,  ancora una volta non abbiamo risposte certe a questo quesito però possiamo fare delle brevi quanto chiare considerazioni: quando in origine era chiaro che ci fosse bisogno di ingenti somme di denaro, essi dichiaravano con non era affatto così,  quando poi si decisero a recuperarle una buona parte è stata sperperata in provvedimenti inutili e forse anche dannosi, un’altra ancor più grande non è neppure stata spesa, per finire con una chicca

tecnica, adesso che i tassi d’interesse sono ai minimi storici si preferisce emettere titoli a breve termine, più volatili per chiare caratteristiche temporali e si evitano quelli a lunga scadenza che garantirebbero lunghi anni di maggiore solidità.

Chiudiamo facendo cenno ad un’ultima quanto breve considerazione: in un momento in cui migliaia di aziende abbassano inesorabilmente la saracinesca o portano i libri in tribunale, la disoccupazione aumenta a ritmi vertiginosi, la povertà e la fame stringono le spira catturando sempre più larghe fette di popolazione,  ci sono più di 60 miliardi di euro fermi nelle casse dello Stato ma sembra che tutto il nostro futuro sia legato ai fantomatici spiccioli europei del “Recovery Fund”/ “Recovery Plan” / “ Next Generation UE” o come diavolo si chiama che conta tutt’ al più in 29 miliardi l’anno.